giovedì 5 novembre 2009

MILITARIZED DIPLOMACY: LA POLITICA ESTERA ERITREA TRA CONTINUITÀ E DISCONTINUITÀ (Parte III)

Rapporti regionali

Per valutare i rapporti regionali eritrei post-indipendenza è bene analizzare i legami, oltre che con l’Etiopia, anche con il Sudan, specialmente dopo la metà degli anni Novanta.
Allora infatti, le relazioni tra i due paesi sembravano essere piuttosto tese, soprattutto per il sostegno del governo di Khartoum fornito ad alcuni gruppi jihadisti eritrei e – in seguito – a causa del vertice di Sana’a, svoltosi tra i leader di Etiopia, Yemen e Sudan, il quale si sarebbe configurato di lì a poco come un vero e proprio “fronte diplomatico” di contenimento antieritreo. L’incontro nella capitale araba, infatti, avvenuto nel 2002 tra il primo ministro etiopico Meles Zenawi, il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir e il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, chiuse senz’altro un sistema di alleanze (solo all’apparenza di origine economica) per molti aspetti ostili ad Asmara, che, da parte sua, aveva contribuito quantomeno a incoraggiare. Questo accerchiamento diplomatico, infatti, fu certamente il frutto da un lato della guerra portata avanti dall’Eritrea nei confronti dello Yemen per l’arcipelago delle isole Hanish (conclusa solo 1998) e dall’altro del sostegno ai ribelli sudanesi dell’Eastern Front, presenti nella regione di confine di Kassala, e a cui il governo di Khartoum aveva sempre risposto con il supporto al Movimento Eritreo del Jihad Islamico (additato dagli apparati di governo di Asmara quale maggiore responsabile degli attentati nelle città di Barentu e di Tesseney del maggio 2004).

Lo scenario appena descritto ha però subito – in particolare negli ultimi due anni – una modifica assai significativa. Ciò è stato soprattutto il prodotto di un’inversione di marcia di Isaias in merito alle relazioni con Sudan e Yemen. L’accordo di Asmara del 14 ottobre 2006, che ha posto fine al conflitto armato tra i ribelli del Sudan Eastern Front ed il governo di Khartoum, ha rappresentato – all’interno del complesso scacchiere regionale del Corno d’Africa – un’innegabile vittoria per la diplomazia di Afwerki. Le parole di apprezzamento spese dalla sua controparte Al-Bashir durante l’ultimo vertice del COMESA (Common Market for Eastern and Southern Africa) tenutosi nel Gibuti, “per l’impeccabile ruolo di mediatore giocato da Asmara nelle trattative e – nello specifico – per la disponibilità del suo presidente ad aver concorso attivamente alla realizzazione degli incontri”, hanno contribuito a capitalizzare l’uscita definitiva dell’Eritrea dall’isolamento.
Di conseguenza, il “Fronte di Sana’a” ha subito un consistente ridimensionamento, che il nuovo corso delle relazioni eritreo-sudanesi ha contribuito innegabilmente ad accelerare.

È innegabile, comunque, come altri fattori indiretti abbiano giocato a favore di Asmara. L’attuale raffreddamento dei rapporti tra Addis Abeba e Gibuti ad esempio, dovuti alla scelta dell’amministrazione Zenawi di non fare del porto gibutino l’unico sbocco sul mare del paese – intavolando rapporti di collaborazione per l’usufrutto di Port Sudan – non è che uno dei fattori indiretti di questo ribaltone diplomatico. Il ministro dei trasporti e delle comunicazioni etiope ha infatti da poco annunciato la volontà di unire Port Sudan con la città etiopica di Moyale tramite una linea ferroviaria, in modo da considerare seriamente la sostituzione parziale del Gibuti (anche per l’aumento esponenziale dei costi richiesti dalla società araba di gestione del porto) come canale preferenziale di sbocco sul Mar Rosso.
L’allontanamento del Gibuti dall’Etiopia, e il suo successivo avvicinamento all’Eritrea, ha aperto la strada anche al dialogo con altri paesi del Mar Rosso, come dimostra il miglioramento delle relazioni con lo Yemen. Nel dicembre 2004 Afwerki ha effettuato la prima visita ufficiale a Sana’a. Il mutamento dei rapporti tra i due paesi ha avuto inizio con la risoluzione della Corte Internazionale dell’Aja, a seguito dell’invasione delle isole Hanish (situate all’imboccatura del Mar Rosso) da parte dell’Eritrea nel 1995. La sentenza ha consegnato l’isola maggiore dell’arcipelago (Hanish, appunto) allo Yemen, mentre le isole minori sono state ripartite tra i contendenti, evitando nuovi contrasti in merito allo sfruttamento delle risorse ittiche. Ulteriore testimonianza del rinnovato spirito di cooperazione risulta essere lo scambio di visite dell’estate del 2006 tra il presidente Isaias e la sua controparte yemenita Ali Abdullah Saleh. Durante i colloqui i due leader hanno avuto l’occasione di discutere di molti aspetti legati alle relazioni bilaterali tra i due paesi, rafforzando le prospettive di una futura cooperazione anche in campo economico.

Il riavvicinamento politico di Asmara verso vicini importanti quali Sudan e Yemen non appare pertanto essere casuale. Inoltre, la giustificazione antietiopica – almeno in questo caso – potrebbe non risultare sufficiente per coglierne totalmente le motivazioni. Non è un mistero, infatti, che Khartoum e Sana’a, oltre a rappresentare due vicini geopoliticamente importanti, sono altresì due paesi produttori di petrolio. Il Sudan soprattutto – grazie anche alla relativa stabilizzazione raggiunta nelle regioni del sud con la firma del CPA (Comprehensive Peace Agreement) del gennaio del 2005 – rappresenta il terzo maggior produttore di petrolio dell’Africa sub-sahariana, alle spalle solo di Nigeria e Angola. Isaias ne è assolutamente consapevole, ed è inoltre cosciente del fatto che il suo paese attualmente attraversa un grave stato di emergenza energetica. I tagli alle forniture elettriche in tutto il territorio eritreo, infatti, rimangono al momento molto frequenti, anche se dall’autunno del 2006 (proprio in contemporanea con la stipula degli accordi di Asmara tra l’Eastern Front e il governo sudanese presieduto da Al-Bashir), questi non sembrano estendersi più alla capitale.

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