mercoledì 30 settembre 2009

Eritrea: voci di sofferenza


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Eritrea: voices of torture 25 July 2009
ROMA - Tra il settembre e l'ottobre del 2002, Malta ordina il rimpatrio di 223 cittadini eritrei, soccorsi al largo dell'isola sulle rotte per l'Italia. Gli uomini, detenuti in un campo per richiedenti asilo, sono incappucciati, picchiati e deportati, in piena violazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Tornati in Eritrea, sono detenuti e torturati nella prigione di Adi Abeito. Questo è il trattamento che il governo di Asmara riserva ai disertori del proprio esercito, in guerra con l'Etiopia. Dopo un primo tentativo di fuga, sono trasferiti nel carcere di massima sicurezza dell'isola di Dahlak Kebir. Molti perdono la vita. Un gruppo riesce a scappare, ma sono di nuovo arrestati e portati nella prigione di Sawa. Finché un ultimo tentativo di evasione riesce. Oggi alcuni di loro vivono in Canada e in Nord Europa. E hanno raccontato la loro odissea.

Il documentario dura 19 minuti. Prodotto nel 2006da "Human Rights Concern - Eritrea", scritto e diretto da Elsa Chyrum, con Surafel Yacob e Amanuel Eyasu



Video completo in lingua originale: ድምጺ ስቅያት ኤርትራውያን

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lunedì 28 settembre 2009

Esperimenti architetturali in Asmara, Eritrea.


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Building Africa
the architecture of a continent

by David Adjaye, BBC World 03 feb. 2008

The acclaimed young architect David Adjaye travels through Africa to unravel the secrets of the continent's surprising architectural history.

In a journey that takes him to Mussolini's experiment in architectural modernism in Eritrea, Adjaye untangles the cultural and imperial influences which have shaped African architecture.



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Caro il mio popolo dell'alto e bassopiano eritreo.




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by iena ridens

Caro il mio popolo dell'alto e bassopiano eritreo,

pensavo ieri: ma vi rendete conto da quanto tempo (35-40 anni?) il nostro amato Presidente si sveglia ogni mattina (quando riesce, poverino, a dormire) con l'assillo di dover fare qualcosa per il suo popolo? Vi sembra giusto che si debba quotidianamente far carico dei problemi altrui?quanti siamo? 5 milioni? provateci voi a pensare a 5 milioni di persone. Ha dovuto pure litigare con il cugino per causa nostra.... Vogliamo poi parlare dei giornalisti “ democratici” che ogni volta che lo intervistano è per chiedergli sempre qualcosa sui diritti umani negati o, peggio ancora, vogliamo parlare di qualche pazzo terrorista che (per fortuna solo ogni tanto) cerca di farlo fuori....? A questo punto non vi sembra che dobbiamo mettere da parte il nostro egoismo ( lo vogliamo sempre tutto per noi..) e pensare che anche Lui, come tutti gli esseri umani, ha diritto finalmente a vivere la propria vita, i propri affetti ? Perché negargli la possibilità di godersi con i suoi nipotini una bella passeggiata sulla spiaggia di Honolulu? Perché non può farsi una bella escursione sulle montagne dell'Anatolia, alla ricerca dell'arca di Noè? Perché noi siamo così egoisti? E allora.... tutti insieme dobbiamo avere il coraggio di dire: caro Presidente, ti ringraziamo, ma adesso, dopo che in tutti questi anni ci hai indicato la strada maestra, ci sentiamo pronti a camminare da soli. Grazie di tutto, te ne saremo riconoscenti per tutta la vita.............. GODITI LA VITA



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sabato 26 settembre 2009

Isayas e Berlusconi. Eritrea e Italia.




senato della repubblica
Legislatura 14 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02163

Atto n. 3-02163

Pubblicato il 21 giugno 2005
Seduta n. 822


MARTONE - Ai Ministri degli affari esteri e della difesa. -

Considerato che:

dopo una guerra trentennale (1962-1991), l’Eritrea otteneva la propria indipendenza dall’Etiopia nel 1993. Il fatto però di non aver stabilito fin dall’inizio confini chiari e definitivi ha portato ad un rapido deterioramento dei rapporti tra i due Paesi, finché nel 1998 le truppe di Asmara decidevano di varcare il confine, dando inizio a scontri armati che sarebbero presto degenerati in una sanguinosa guerra a tutto campo (1998-2000). Dopo due anni di conflitto e decine di migliaia di vittime (più di 80.000), Etiopia ed Eritrea cessavano le ostilità e si affidavano all’ONU per decidere definitivamente dei propri confini. Nonostante la proposta formalizzata già nel 2002, i due Paesi sono ancora ben lontani dall’aver trovato un accordo;

il partito di Afeworki è l’unico legale in Eritrea, non ci sono mai state elezioni dall’indipendenza in poi, molti oppositori politici sono stati arrestati e l’economia eritrea è allo stremo. Tutto passa dalle mani del presidente Afeworki e di pochi fidati uomini del partito: assetti istituzionali e militari, scelte politiche, programmi economici. L’opposizione eritrea vive in esilio, mentre sia Amnesty International che il Parlamento europeo denunciano gravi abusi;

Amnesty International nel 2004 ha lanciato un rapporto sulla situazione dei diritti umani in Eritrea, dal quale emerge un quadro di torture, detenzioni arbitrarie e sparizioni di presunti oppositori politici sempre più diffuse. Inoltre sono in aumento persecuzioni per motivi religiosi e torture o maltrattamenti a ragazzi e ragazze che hanno cercato di evitare o eludere il servizio nazionale di leva obbligatoria, esteso anche alle donne;

chi critica il governo e il suo atteggiamento in materia di diritti umani viene messo a tacere. Le autorità respingono qualunque tentativo di monitoraggio e confronto internazionale in tema di diritti umani e non tengono conto dei principi di uno Stato di diritto, degli strumenti di tutela dei diritti umani contenuti nella Costituzione e dei trattati internazionali ratificati dall'Eritrea. Agli organismi non governativi locali per i diritti umani non è consentito di operare, a quelli stranieri, compresa Amnesty, è vietato l'accesso;

migliaia di oppositori politici e di persone che hanno criticato il governo sono attualmente detenuti in località segrete e senza accesso al mondo esterno. I luoghi di detenzione sono raramente comunicati ai familiari e molti prigionieri sono di fatto "scomparsi". Altri sono in prigione da molti anni. Nessun detenuto è comparso di fronte a un tribunale per rispondere di un'accusa specifica né è stato sottoposto a processo. Il Tribunale speciale ha condannato molti imputati per il reato di appropriazione indebita a seguito di processi sommari tenuti in gran segreto senza diritto di rappresentanza legale o appello;

sempre Amnesty denuncia che tra i prigionieri vi sono ex rappresentanti di spicco del movimento di liberazione che nel 1991 contribuì all'indipendenza del paese dall'Etiopia e che in seguito si sono battuti per le riforme democratiche. Il governo ha accusato l'ex Ministro degli esteri Haile Woldetensae e altri esponenti politici arrestati nel settembre 2001 di "tradimento", sulla base della loro presunta collaborazione con l'Etiopia nel corso e dopo la drammatica guerra del 1998-2000. Nel dicembre 2003 Aster Yohannes, moglie di un ex Ministro attualmente in prigione, è tornata dagli Stati Uniti per rivedere i suoi figli: arrivata all'aeroporto è stata arrestata e da allora non se ne hanno più notizie;

dieci giornalisti indipendenti continuano ad essere detenuti dal settembre 2001, quando tutta la stampa privata è stata messa al bando. Secondo il governo, i dieci professionisti erano "mercenari e spie dell'Etiopia", accusa mai dimostrata. Da allora sono state arrestate altre persone critiche nei confronti del governo, la maggior parte funzionari pubblici, oltre ad altri quattro giornalisti;

si è intensificata anche la persecuzione religiosa ai danni delle minoranze cristiane, in particolar modo dei Testimoni di Geova e di gruppi musulmani, spesso accusati di essere collegati a gruppi armati islamisti con base in Sudan. Nel 1995 i Testimoni di Geova sono stati privati dei diritti civili e tre di essi sono stati condannati a dieci anni di detenzione, da scontare nella base militare di Sawa, in quanto obiettori di coscienza per motivi religiosi. Nel 2002 sono stati messi al bando tutti i culti al di fuori di quelli ortodossi, cattolici, luterani e islamici. Lo scorso anno centinaia di fedeli, bambini compresi, appartenenti alle comunità cristiane evangeliche e pentecostali, sono stati arrestati, picchiati e torturati perché abiurassero la propria religione;

la tortura è sistematicamente applicata negli interrogatori e a scopi disciplinari, specialmente per punire chi ha eluso la leva, i disertori, i soldati accusati di reati militari o gli appartenenti a minoranze religiose. Si ricorre a forme di tortura anche ai danni di alcuni prigionieri politici. Le pessime condizioni in cui molti di essi sono trattenuti - celle buie e sporche, stive di navi calde e sovraffollate - sono da considerare trattamenti crudeli, inumani e degradanti;

richiedenti asilo dall'Eritrea hanno spesso cercato riparo in Sudan e in altri paesi. Nel 2002 circa 220 richiedenti asilo sono stati rimpatriati da Malta e arrestati al loro arrivo. Le donne (alcune delle quali incinte), i minorenni e gli anziani sono stati rilasciati: gli altri sono stati torturati e, tranne alcuni fuggiti nuovamente, sono tuttora detenuti senza contatti col mondo esterno e in pessime condizioni. In molti altri paesi numerosi richiedenti asilo eritrei sono stati ingiustamente respinti;

la guerra ha inoltre reso inutilizzabili in Eritrea 12.000 ettari di terreno coltivabile, costringendo a fuggire gli abitanti delle regioni produttrici di grano, il Gash Barka e il Debub, oggi disseminate di mine inesplose;

Amnesty International ha rivolto una serie di richieste al governo eritreo e alla comunità internazionale sulla necessità di promuovere e tutelare i diritti umani, tra cui quelli alla libertà d'espressione, d'associazione e d'informazione. Amnesty ha chiesto inoltre la liberazione di tutti i prigionieri di coscienza e lo svolgimento di processi equi conformi agli standard internazionali per tutti gli altri prigionieri politici. E' stato inoltre invitato il governo a impegnarsi per adottare un sistema indipendente ed equo di amministrazione della giustizia, anche tra i ranghi delle forze armate, al fine di garantire il trattamento umano dei prigionieri, la chiusura di tutte le prigioni segrete e la cessazione dell'uso delle navi come prigioni;

il rapporto di Amnesty International, infine, invita la comunità internazionale a esercitare un controllo e a sostenere il rispetto dei diritti umani in Eritrea e a fornire le adeguate tutele ai rifugiati e richiedenti asilo eritrei;

secondo dati ISTAT, risultano nel quinquennio 1999-2003, da parte dell'Italia, esportazioni di armi leggere ad uso civile per 1.568.894.729 euro, di cui parte verso paesi palesemente in guerra o con conflitti interni come Colombia, Russia, Algeria, Eritrea, Etiopia, Israele;

considerato che secondo alcune fonti di stampa:

ad Asmara in Eritrea ha sede il distaccamento italiano nell'ambito della missione UNMEE (United Nations Mission in Ethiopia-Eritrea). E' una missione ONU istituita per verificare l'osservanza degli accordi sottoscritti tra Etiopia ed Eritrea. Il contributo italiano consiste di circa 50 carabinieri;

gli osservatori della missione UNMEE (come riportato dal settimanale "Diario" del 13 maggio 2005) da tempo denunciano continui ostacoli ai pattugliamenti nella zona di sicurezza temporanea (TSZ) e al loro lavoro, che consiste nel monitorare il cessate il fuoco;

i carabinieri italiani, sempre secondo il "Diario", non possono più svolgere i loro compiti di pattugliamento previsti dal mandato di peace-keeping; difatti sembrerebbe che il governo eritreo non tolleri più la presenza dei nostri militari in quanto essi svolgono funzioni di polizia;

sembrerebbe che da parte delle autorità eritree sia stata fatta richiesta al comandante delle forze di pace, il generale indiano Rajender Singh, dell'allontanamento e del conseguente rimpatrio delle forze italiane nel territorio;

secondo la redattrice dell'articolo sopracitato, il generale avrebbe deciso per una soluzione diplomatica: tenere i carabinieri, ma non per i pattugliamenti;

riporta l'articolo, citando una fonte a conoscenza dei fatti, che "i carabinieri sono reclusi all'Intercontinental Hotel. Si trascinano annoiati dalla piscina alla palestra";

considerato inoltre che:

come si legge in un dossier del Ministero degli affari esteri italiano del 2004, "il Governo eritreo ha manifestato recentemente forte interesse per gli investimenti italiani, alla luce dei consolidati legami esistenti tra i due paesi. Esponenti del governo locale hanno visitato il nostro paese contattando personalmente istituzioni economiche private e pubbliche al fine di promuovere investimenti in Eritrea";

sempre il dossier del Ministero riporta: "Le società italiane che hanno intrapreso i maggiori investimenti nell’ultimo periodo sono le seguenti: l’Italcantieri S.p.a., impresa edilizia impegnata nell’espletare una commissione governativa di costruzione di circa mille edifici residenziali; la ZAER plc, appartenente al Gruppo Zambaiti, che ha rilevato uno storico stabilimento tessile in Asmara con l’obiettivo, una volta rinnovati i macchinari, di avviare una produzione di indumenti di cotone capace di impiegare 2.600 persone (...); la “Golden Star Brewers”, joint-venture privata italo-eritrea attiva nel settore della produzione di birra";

lo stesso Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) nel rapporto del primo semestre 2004 suggerisce, a quanto risulta all'interrogante, che è strategicamente fondato essere presenti in Eritrea e instaurare contatti e rapporti economici fin da oggi, in modo da essere preparati a intervenire con forza non appena la congiuntura si rivelerà maggiormente favorevole; sempre l’ICE conferma, per quanto consta all'interrogante, che l'Italcantieri è impegnata nella costruzione di circa mille edifici residenziali;

secondo quanto risulta all'interrogante, si legge in un comunicato della Presidenza del Consiglio che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha incontrato nel giugno del 2002, a Palazzo Chigi, il Presidente dello Stato di Eritrea, Isayas Afeworki, al quale ha ricordato i profondi legami dell'Italia con l'Eritrea;

sempre per quanto consta allo scrivente, si legge nella nota stampa della Presidenza del Consiglio che nel corso del cordiale colloquio sono state esaminate le prospettive di intensificazione dei rapporti economici e le possibilità di investimenti nei settori in cui più promettenti sono le potenzialità dell'Eritrea, rilevando, a questo riguardo, la necessità di una migliore e più diffusa informazione sulle opportunità esistenti";

si legge in un comunicato del Ministero per gli italiani nel mondo: "L'On. Mirko Tremaglia si è incontrato a Roma con Isayas Afeworki, Presidente dello Stato eritreo (...). L’incontro è avvenuto in seguito a quello avuto dallo stesso Capo di Stato dell’Eritrea con il Presidente del Consiglio (...). Durante il colloquio con Tremaglia, il Presidente eritreo ha ricordato la grande amicizia tra i due Stati e anche quella personale, mentre si sono aperte ampie prospettive per una nuova e forte collaborazione tesa ad attuare grandi progetti tra imprenditori, nel campo della cooperazione e in quello turistico". Il comunicato termina: "Il presidente Isayas Afeworki è partito subito dopo per Milano dove avrà altri incontri con il presidente Formigoni e con imprenditori lombardi";

riporta l'agenzia di stampa internazionale GRTV: "il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha incontrato il Presidente dell’Eritrea, Isaias Afeworki (...). 'Incoraggerò gli investitori lombardi - ha dichiarato Formigoni - a cogliere le numerose opportunità di investimento esistenti in Eritrea e a proseguire nella collaborazione che da tanti anni lega la nostra Regione a questo Paese. È questa la via per far crescere i rapporti tra i popoli nell’epoca odierna, caratterizzata dalla globalizzazione e dalla caduta dei confini tra gli Stati'. Il Presidente eritreo Afeworki, nel ringraziare Formigoni per la solidarietà dimostrata dalla Lombardia al suo Paese, ha sottolineato come bisogni lavorare verso una 'partnership con Paesi e Regioni che possano fare la differenza e valorizzare al meglio tutte le risorse e le possibilità di sviluppo del nostro Paese'. 'Con l’Italia - ha aggiunto - abbiamo buoni rapporti, ma è un legame speciale quello che ci unisce alla Lombardia, nella quale abbiamo trovato le basi per costruire un futuro solido ed una forte cooperazione, in particolare nel campo del turismo, dell’agricoltura e dell’industria manifatturiera'”;

al momento non esiste turismo in Eritrea, ma qualcosa potrebbe cambiare. Secondo notizie di stampa l'Italcantieri di Paolo Berlusconi starebbe costruendo 5.000 villette nella zona di Massaua. Per mettere in atto il progetto risulta siano state distrutte delle case, comprese testimonianze storiche ancora precedenti all'impero ottomano, e zone di parco;

come risulta da un articolo pubblicato su "Il Manifesto" del 27 febbraio 2004, secondo il Fronte di liberazione eritreo “l'Italcantieri è gia pronta con piani e progetti per costruire abitazioni civili e centri turistici che saranno finanziati nell'ambito degli accordi fra Unione europea e ACP. Il centro turistico più ambizioso è quello di Massaua e dell'arcipelago Dahlak. Il dittatore eritreo ha già emesso la sentenza di esproprio contro i legittimi proprietari. I clienti del centro turistico saranno i militari USA dispiegati dal Canale di Suez al Golfo di Oman”;

altre fonti eritree dicono che la costruzione di 5.000 villette rientrerebbe in un'iniziativa della Regione Lombardia;

questo intervento nell’area di Massaua è stato oggetto di un’interrogazione, il 10 marzo 2004, di tre consiglieri regionali lombardi di Rifondazione, DS e Verdi. Hanno chiesto alla giunta di Roberto Formigoni, come riportato dall'agenzia giornalistica AdnKronos il giorno 17 marzo, se è vero che “tra gli interventi promossi dalla Regione Lombardia rientrano anche quelli di Italcantieri” e se, comunque, considerata la natura dittatoriale del regime, non sia il caso di “interrompere qualsiasi rapporto”;

secondo quanto risulta all'interrogante, nella risposta si afferma che la Regione Lombardia non ha sostenuto alcuna azione di supporto a presunti interventi edilizi di Italcantieri né di altre imprese private, mentre, per quel che riguarda le relazioni con l’Eritrea (che sono intense, in particolare con la regione di Maekel, e sulle quali si è speso non poco l'ex vice presidente del Consiglio regionale Pier Gianni Prosperini di AN), la Regione ha operato in stretto accordo con il Governo italiano e in particolare con il Ministero degli affari esteri. L’architetto Alessio Calda, di Italcantieri, avrebbe ammesso che l’interesse c’è e, secondo quanto consta allo scrivente, avrebbe affermato: “Stiamo esplorando la situazione, stiamo discutendo; al momento non abbiamo nulla di concreto in mano”;

per ciò che riguarda il gruppo Zambaiti, c’è da segnalare che ha acquistato, nel 2004, l’Asmara Textile Factory, azienda pubblica, già Cotonificio Barattolo, fondato negli anni ’50 da Roberto Barattolo e nazionalizzato nel 1975. Ora il cotonificio si chiama ZaEr (Zambaiti Eritrea) ed ha più di cento dipendenti;

secondo l'Istituto nazionale per il commercio estero, in base a quanto consta all'interrogante, una volta rinnovati i macchinari, c’è l’obiettivo di avviare una produzione capace di impiegare 2.600 persone. Giancarlo Zambaiti ha condotto le trattative direttamente con Isaias Afeworki, dichiarando, secondo quanto risulta all'interrogante: “Lo considero una brava persona, un presidente che lavora per il suo paese. E, comunque, questo governo è il massimo possibile oggi”;

il Vice Ministro delle attività produttive con delega al commercio estero, Adolfo Urso, ad aprile di quest'anno, ha scelto Asmara, capitale dell'Eritrea, per una missione alla quale hanno partecipato 30 imprese italiane, per lanciare il "Piano Africa" del proprio Dicastero; come riportato in un comunicato stampa del Ministero delle attività produttive, "'E' fondamentale avviare concrete iniziative per avvicinare l'imprenditoria italiana a questo continente', ha spiegato Urso, che domani inaugurerà i lavori del primo Work shop 'Italia-Eritrea: opportunità e sviluppo'. 'Tutto ciò lo si può fare migliorando le condizioni per l'attrazione degli investimenti esteri, intensificando gli scambi commerciali, la collaborazione industriale e rafforzando la cooperazione in campo culturale e scientifico'. Per questo al seguito del rappresentante del Governo ci sono diverse realtà imprenditoriali significative tra cui AMS (Finmeccanica), Domina Vacanze, TLC Italia, e altre di settori come agroalimentare, telecomunicazioni, metalmeccanico e nautico";

a metà aprile di quest'anno è stato raggiunto un accordo tra Russia ed Eritrea per aumentare la fornitura di armi all'Eritrea, accordo sottoscritto a Mosca dal Ministro degli esteri Ali Said Abdella con il suo pari grado russo,

si chiede di sapere:

quali siano le iniziative che il Governo italiano intenda intraprendere nei confronti del Presidente eritreo al fine di giungere all'immediata liberazione dei detenuti politici e dei detenuti senza capo d'accusa, come chiesto con una risoluzione dal Parlamento europeo nel novembre 2004, e alla cessazione delle pratiche della tortura e dell'esecuzione sommaria;

se risulti vero quanto riportato dal settimanale "Diario" in relazione alla situazione dei militari italiani in Eritrea ed al loro isolamento all'interno dell'Hotel Intercontinental;

se il Governo non ritenga opportuno sostenere l'ampliamento dei poteri di intervento del "Comitato contro la tortura" previsto dall'art. 17 dell'apposita Convenzione dell'ONU (fatta a New York il 10 dicembre 1984), per la sorveglianza sul rispetto dei principi della Convenzione stessa, affinché sia estesa la protezione agli abitanti dei Paesi che non hanno ratificato la Convenzione ONU;

se risulti vero che aziende italiane siano impegnate in attività commerciali con l'Eritrea e, in caso affermativo, quali aziende e per quali attività commerciali;

quali iniziative il Governo intenda adottare, coinvolgendo le istituzioni internazionali e le Nazioni Unite, affinché venga effettuato un embargo totale sulla vendita di armi ai due Paesi (Eritrea ed Etiopia);

se non si ritenga urgente sollecitare i governi di Eritrea ed Etiopia a mettere in atto tutte le misure politiche e diplomatiche necessarie affinché venga finalmente risolta la disputa sui confini di Stato tra i due Paesi;

se non si ritenga che, anche volendo dare il massimo credito all’entusiasmo dell’imprenditore Paolo Berlusconi, all'ottimismo del gruppo Zambaiti, all’attivismo della Regione Lombardia, alle prospettive dell'ICE e della Farnesina, nonché alle iniziative del vice ministro Urso, e considerato che il partito al potere in Eritrea è fortemente accentrato ed è il controllore di se stesso, si presenti il rischio di scarsa trasparenza e che quote di risorse siano stornate per altri fini.


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venerdì 25 settembre 2009

E' responsabile il governo Eritreo oppure la società civile? Dove stanno le coscenze?


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Audio
Dimtzi Hafaschi Eritra. 18 settembre 2001.



La parte iniziale del materiale audio è un brano tratto dalla radio governativa di Asmara "Dimtzi Hafaschi Eritra" datata 18 settembre 2001. Successivamente al brano verrà presentata una lettera di riflessione su quella data, inviata proprio dal giornalista che annunciava il seguente testo dalla radio eritrea:

[...]
Questa è Dimtzi Hafaschi Eritra.
Salute a voi gentili ascoltatori. Per oggi 18 settembre presentiamo le notizie e le attività.

I giornali privati avendo firmato le leggi del paese e le leggi della stampa e avendo ricevuto diversi avvisi e possibilità di esercitare il loro lavoro seguendo le leggi e visto che hanno rifiutato queste leggi:
Da oggi 18 settembre 2001, il governo Eritreo ha disposto di mettere al bando temporaneamente l'intera stampa privata.
Il governo Eritreo, comprendendo l'importanza di una stampa indipendente e responsabile sullo sviluppo del nostro paese, per incentivare lo sviluppo della stampa aveva accordato licenze anche ai giornali che non rispettavano le richieste delle leggi della stampa.
[...]

Con queste parole la popolazione eritrea veniva informata dell'eliminazione di tutta la stampa che presentava le denuncie di alcuni personaggi dell'Assemblea Nazionale nei confronti delle azioni dei membri del PFDJ.
Nelle parole pronunciate dal giornalista dettate dal ministro dell'informazione c'è il concetto di tempo -"al bando temporaneamente" (NIGHIZIU in tigrino significa "temporaneamente").
Capisco che in Africa il tempo si è fermato, ma 8 anni sono tanti.

E' ora che le coscienze si sveglino e che si informino sulla propria terra. Per capire dove Vai ricordati da dove vieni.


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giovedì 24 settembre 2009

Eritrea: World’s biggest prison for journalists.



assenna.com
17 September 2009

Eritrea now has at least 30 journalists and two media workers behind bars, which means that, exactly eight years after the round-ups of 18 September 2001 that put an end to free expression, it has achieved parity with China and Iran in terms of the number of journalists detained.

"Eritrea’s prisoners of conscience are not just the victims of their jailers’ cruelty," Reporters Without Borders said. "They are also, and even more so, the victims of indifference, tacit consent or overly timid efforts on the part of the country’s international ‘partners’. The Eritrean government has become a disgrace for Africa."

The press freedom organisation added: "Eight years after President Issaias Afeworki took his country on a tragic new course, it is time for him to change direction again and agree to release the imprisoned journalists or try them according to international norms. We count on the Swedish government, the current holder of the European Union presidency, to obtain concessions from Issaias, especially as one of the jailed journalists holds dual Swedish and Eritrean citizenship."

The three most important waves of arrests of the past eight years were in September 2001, November 2006 and February 2009. Thirty journalists and two media workers are currently detained, without trial.

Many are being held in metal containers or underground cells in Adi Abeito military prison (northwest of Asmara, on the road to Keren), in Eiraeiro prison (near the locality of Gahtelay, north of the road from Asmara to the port city of Massawa), in the Dahlak archipelago or one of the many other detention centres scattered around the country.

Reporters Without Borders has confirmed that four journalists arrested in September 2001 did not survive the appalling prison conditions.

The journalist with Swedish and Eritrean dual nationality is Dawit Isaac, the founder of the now banned weekly Setit, who was arrested on 23 September 2001. He was taken to the airforce hospital in Asmara for treatment earlier this year but he is now in Embatkala prison in Ghinda, 35 km northeast of the capital on the Massawa road.

The Eritrean authorities are keeping the state of his health a secret despite the international campaigns for his release. In response to a question about Dawit during an interview for Swedish journalist Donald Boström at the end of May, President Issaias said that he did not care where Dawit was held, that he would never be tried and that the government would never negotiate his release with Sweden.


In a resolution on 7 January 2009, the European Parliament expressed deep concern about Dawit’s continuing imprisonment and demanded his immediate release. But all the European Union attempts to obtain news about him have been ignored by the Eritrean authorities.

Reporters Without Borders has meanwhile learned that, during the past three weeks, dozens of civil servants working for the ministries of information, defence, foreign affairs and national security have been forced by the authorities to surrender their email passwords.



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Il Negus



Nel lontano 2004 mi sono imbattuto nel seguente materiale.
A quell'epoca il documento elettronico veniva distribuito liberamente. Era dettagliato ed avvincente; l'ho letto velocemente e conservato su un Cd-Rom. Per trovarlo ho dovuto sfrugare tra vecchi Hard Disk e CD graffiati. Volevo condividere con voi lettori questo materiale che forse è stato pubblicato come libro successivamente al 2004. Di seguito trovare l'introduzione al materiale prodotto da Loenord Mosley intitolato il Negus.



Il Negus

di Leonard Mosley


INTRODUZIONE


DI tutti i ricordi della mia giovinezza, nessuno è rimasto più vivo nella mia memoria della figura di Hailè Sel.lassiè, che più propriamente chiameremo Haila Sellase I, (*) imperatore d'Etiopia, mentre in piedi sulla tribuna della Lega delle Nazioni nel 1936 scongiurava i cosiddetti governi civili del mondo di non abbandonare il suo paese. Lo ricordo come una figura patetica, con il mantello nero che gli poggiava sulle spalle spioventi, straziato per la durezza e i disastri della guerra italo-etiopica. Eppure non aveva perduto la sua dignità: il suo aspetto era regale quanto romantico.
Avrei scoperto più tardi, quando i casi della guerra mi diedero la possibilità di osservarlo più da vicino, che questo portamento regale non lo abbandona mai, neppure nelle circostanze più disagevoli. E' l'unico uomo che io abbia mai visto in grado di dare una mano per spingere un autocarro, come fece quando restammo chiusi nelle macchie impervie dell'Etiopia nel 1941, senza cessare di effondere distintamente attraverso il suo sudore un'aura imperiale. Qui siamo veramente di fronte a un re.
Nel 1941 notai nel mio diario che un giorno avrei voluto scrivere la biografia di Haila Sellase, un imperatore a volte così coraggioso, a volte cosi spietato, a volte cosi astuto, a volte cosi lungimirante, a volte cosi grande. Si potrebbe dire che la mia biografia del compianto Orde Wingate, che durante la guerra guidò le forze che ricondussero l'imperatore in Etiopia, sia stata una preparazione a questa. Negli anni trascorsi prima che questo progetto fosse portato a termine, sono andato raccogliendo le notizie e completando lo sfondo, tanto in Inghilterra quanto in Africa. Mi sembra che i tempi siano ora maturi per riconsiderare meditatamente la vita e le opere di quest'uomo importante.
Questa biografia non è quella che si usa definire una vita "ufficiale" o "autorizzata", benché l'imperatore sappia che la si sta scrivendo e tanto lui quanto la sua famiglia e i suoi ministri mi abbiano aiutato in molte delle mie ricerche. Le opinioni e i giudizi che vi sono espressi mi appartengono interamente. Per l'ambiente storico ho avuto cura di non basarmi esclusivamente su fonti etiopiche, giacché gli storici di corte dei precedenti regimi, non quelli dell'attuale, hanno ceduto troppo spesso alla tentazione di riscrivere gli avvenimenti del passato in modo da compiacere ai loro signori del presente. Fortunatamente ho potuto attingere anche a fonti inglesi, americane, italiane e francesi.
Ho cercato di eliminare dalla mia opera le parole etiopiche quando è possibile una traduzione chiara dall'amarico, ma un breve elenco di quelle che ho ritenuto indispensabili, con il loro significato approssimativo, si troverà alla fine di questo volume. Spero che gli studiosi di amarico perdoneranno la semplificazione di molti dei nomi che figurano in questa narrazione, giacché sembrano esservi numerose versioni diverse per ognuno di essi (persino Haila Sellase ha le sue varianti ortografiche). Spero anche che il lettore non specializzato sia in grado di chiarire i legami di parentela fra i personaggi che compaiono nella narrazione, qualche volta come nemici mortali, qualche altra volta come alleati fedeli, confrontando l'albero genealogico della casa reale di Etiopia in fondo al volume.
Vorrei esprimere i miei calorosi ringraziamenti a tutti quelli che hanno speso tanto tempo per aiutarmi a dipanare la intricata matassa della storia etiopica contemporanea, e spero che il tessuto che ne ho tratto giustifichi le fatiche che si sono presi. Nella stessa Etiopia sono, naturalmente, particolarmente grato all'imperatore per avere interrotto i preparativi, alla vigilia della sua visita ufficiale negli Stati Uniti, per poter rinnovare la sua antica conoscenza con me e ascoltare le mie richieste. Dopo la sua partenza suo nipote, il principe Iskinder Destà, fece del suo meglio per fornirmi informazioni, documenti e particolari. Fra gli altri che si affrettarono a esprimere la loro volontà di rendersi utili, furono Tsehafe Taezaz Tafera Work, ministro della corte imperiale, e Kebbede Mikall, ministro delle cronache imperiali; e fu proprio tra il personale di quest'ultimo che mi fu scelto come aiuto ato Amaha Walde Sadik per i miei viaggi fuori di Addis Abeba. Egli si è dimostrato un compagno pieno di spirito, intelligente e instancabile, non perdendo mai il suo senso dell'humour neppure nei luoghi più remoti e nelle circostanze più difficili. Fra i molti e molti che mi aiutarono in Etiopia vorrei anche nominare, per esprimere loro tutta la mia gratitudine, Geoffrey Wetherell, consigliere delegato di una ditta inglese, la Mitcnell Cotts di Etiopia. Un'altra persona che interruppe le proprie faccende, nel mezzo di una vita molto occupata e di preoccupazioni domestiche, per spianare la via alle mie ricerche, è stata una delle più promettenti fra le giovani personalità dell'Etiopia di oggi, ato Abebè Kebbede, che si occupa dei difficili incarichi istituiti dall'imperatore e le cui vedute si sono allargate e plasmate nel lavoro svolto presso le ambasciate del suo paese in Inghilterra e in America.
Mi rendo inoltre conto anche troppo bene che i miei viaggi a Harar e nella provincia di Harar sarebbero stati impossibili, proprio alla vigilia (come avvennero) di una crisi fra l'Etiopia e la Somalia per usurpazioni su quel territorio, non fosse stato per la volenterosa cooperazione di un mio vecchio camerata dei tempi di Wingate, il colonnello Tamrat Yegizu, ora vice governatore di Harar. Egli mi procurò la Land Rover e la guardia armata senza le quali il mio viaggio sarebbe stato troppo pericoloso.
In Inghilterra ho avuto l'inestimabile privilegio di poter parlare con il principe ereditario Asfa Wossen, mentre vi si trovava in visita, e con un nipote molto caro all'imperatore, il duca di Harar, che studia a Gordonstoun. Avrei difficilmente potuto continuare le mie ricerche sui primi anni della carriera dell'imperatore, non fosse stato per l'aiuto volenteroso di R. W. Mason, bibliotecario del Foreign Office, che è stato tanto gentile da concedermi l'accesso agli archivi; ringrazio il conte di Avon, per avermi ricevuto e per aver rievocato i suoi ricordi a tutto mio beneficio; Sir Edwin Chapman-Andrews, per aver ricordato con me una luminosa carriera, non soltanto diplomaticamente brillante, ma onorata anche da un'amicizia intima e durevole con lo stesso imperatore; la signora Esme Kenyon Jones, figlia di un famoso ministro inglese in Etiopia, Sir Sidney Barton, vedova di un mio grande amico che si batté per l'Etiopia e per Haila Sellase, George Steer, e madre di uno dei figliocci dell'imperatore, George Steer junior, per aver parlato con me del loro valoroso padre, del suo brillante marito e dei cari ricordi che serba della sua propria vita in Etiopia; Peter Haynes e il generale di brigata Turnbull con sua moglie per alcune eccezionali fotografie e affascinanti ricordi; e infine per i copiosi aiuti e consigli di un grande esperto di cose etiopiche e di un formidabile ammiratore dell'imperatore, P. P. Dunkley, per il quale nessun ostacolo è stato insormontabile, in un paese dove gli ostacoli sono spesso grandi e difficilmente superabili.
Vorrei infine ringraziare il professor Edward Ullendorff, dell'università di Manchester, che ha ora la cattedra di studi etiopici all'università di Londra, famoso esperto di storia etiopica, per aver letto il mio libro apportandovi molte correzioni e elargendomi molti consigli. Mi affretto a dire che, come tutti gli altri che ho consultato, egli non è responsabile di nessuna delle opinioni che vi sono espresse.
Tutti meritano una particolare gratitudine, ma vi sono numerosi altri, troppo numerosi per essere ricordati uno per uno, che hanno avuto tutti qualche parte, aggiungendo fatti o sfumature a quest'opera; e li ringrazio tutti..




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mercoledì 23 settembre 2009

Scrittura Ge'ez



La scrittura Ge'ez si sviluppo per trascrivere una lingua antica tutt'ora usata nella liturgia Copta Etiopica.
Anche se Ge'ez è limitato all'uso della Chiesa Copta, il sistema di scrittura è usato per trascrivere differenti lingue parlate in Etiopia ed Eritrea che includono L'Amarico, L'Oromo, il Tigre e il Tigrino.
La scrittura Ge'ez fu un adattamente da quella Sabea, quest'ultima sviluppatasi nell'antico regno di Saba con influenze Arabe ed Ebraiche. Già all'inizio del IV secolo si stava formando un sistema di scrittura che può definirsi Ge'ez. Alcuni caratteri furono aggiunti al sistema di scrittura Ge'ez per rappresentare suoni corrispondenti nelle lingue trascritte dal Ge'ez stesso.
I caratteri aggiunti possono essere identificati spesso da un trattino a forma di bilanciere sopra una lettera di base. Un esempio sono i caratteri e .
In Origine il Ge'ez fu un alfabeto solo di consonanti, come l'Ebraico e l'Arabo, dove le lettere rappresentavano solo suoni delle consonanti. Il sistema di scrittura Ge'ez presenta 33 consonanti:





La scrittura Ge'ez presenta anche un sistema di segnatura delle vocali a supporto delle consonanti di base. Le vocali si presentano come appendici alle consonanti. Vi sono sette suoni vocali quindi l'alfabeto include la combinazione di sette segni vocali con le consonanti. Ecco un esempio:





Alcune consonanti presentano una variazione definita come forma labializzata, dove il suono w è interpolato tra il suono della consonante principale e il suono della vocale. Le consonanti in forma labializzata mostrano appendici differenti:





La combinazione di consonante-vocale può essere irregolare. A volte un carattere può produrre una gamba per posizionare il segno di una vocale:





Il segno di alcune vocali non è sempre costante. Si può confrontare le combinazioni della consonante LE (LE e tre vocali)





con la corrispondente versione della consonante HHA:





A causa di queste variazioni della forma base delle lettere dell'alfabeto, la scrittura Ge'ez presenta un sillabario, dove ogni carattere rappresenta una combinazione di suoni di una consonante e di una vocale (a volte interpolta da una w quando si tratta della forma labializzata).
Il sillabario è presentato come una matrice con 43 righe e 8 colonne: 43 consonanti (10 consonanti extra per includere differenti lingue) e 8 vocali. Il numero complessivo delle lettere dell'alfabeto è minore di 344 che è appunto le possibili combinazioni tra consonanti e vocali.

Ge'ez è scritto da sinistra verso destra e i caratteri sillabali non si collegano tra di loro. Tradizionalmente si usava il segno di due punti per separare le parole, ma sta diventando comune usare lo spazio tra una parola ed un'altra similmente alla tradizione occidentale. Ci sono anche altri segni di punteggiatura per esempio
il punto
la virgola
il punto e virgola
il punto di domanda

Ge'ez ha un proprio sistema di scrittura numerica. E' un sistema che fa uso dell'addizione e moltiplicazione simile a quello usato in Cina, differente dalla notazione posizionale che siamo abituati normalmente.
Qui di seguito sono mostrati i numeri da 1 a 10 e 100 :






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martedì 22 settembre 2009

MINISTRO ESTERI ERITREA A PORTO SANT'ELPIDIO



(AGI) - Fermo, 19 settembre

Questa mattina il Ministro degli Esteri dello Stato di Eritrea Osman Saleh ha fatto tappa a Porto Sant'Elpidio. Accompagnato dal responsabile degli affari politici Yemane Ghebreab e dall'Ambasciatore d'Eritrea in Italia Zemete Tekle, il Ministro Eritreo e' stato accolto dal vicesindaco Monica Leoni, dal presidente del consiglio comunale Mariano Langiotti, dall'assessore alle attivita' produttive Marco Catini e dall'assessore all'urbanistica Alberto Procaccini. Presenti anche il vice presidente della regione Marche Paolo Petrini e il Prefetto di Fermo Emilia Zarrilli.[.....]

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Aperte due inchieste sui respingimenti. Interrogazioni in parlamento

MILANO - "Siamo torturati mentalmente e fisicamente da anni, è terribile guardati intorno, non abbiamo futuro, ormai abbiamo perso la speranza". Ascoltate questo straordinario documento. È stato registrato dentro il campo di detenzione di Misratah, in Libia, dal giornalista Roman Herzog in un documentario che sarà presentato a Roma il 24 settembre. Era il novembre del 2008.



Un anno dopo non è cambiato niente. Anzi, agli eritrei arrestati nel 2006, a Misratah si sono aggiunti quelli respinti questa estate. Anche quelli del primo luglio. Ricordate? Una barca con 89 passeggeri fu respinta. Bene a bordo c'erano 74 eritrei, erano in mare da quattro giorni. Nel giro di 24 ore, ricevemmo la lista completa dei loro nomi dalla comunità eritrea a Tripoli, che ci informava che una ventina erano stati malmenati dai militari italiani a bordo del pattugliatore Orione durante il trasbordo sulla motovedetta libica. I fatti vennero verificati dall'Acnur, che intervistò in Libia i superstiti e scrisse una lettera al Governo italiano.

In questi giorni abbiamo parlato al telefono con alcuni di loro. Una trentina sono stati trasferiti a Misratah. Degli altri non si conosce il destino. In tre mesi hanno incontrato una sola volta i funzionari delle Nazioni Unite, ma inutilmente visto che sono ancora detenuti. Ci hanno confermato non solo le violenze avvenute a bordo della nave della marina (manganellate e scariche elettriche), ma hanno anche riferito della presenza di ufficiali italiani a bordo delle motovedette libiche. Tutti dettagli che potrebbero essere utili alle procure di Agrigento e Siracusa.

Già perché finalmente sono state aperte due indagini parallele sui respingimenti. L'ipotesi di reato, per il momento contro ignoti, è quella di violenza privata. Alla procura di Agrigento se ne occupano il procuratore Renato Di Natale e il suo sostituto Ignazio Fonzo, che hanno chiesto alla Guardia di Finanza di acquisire la documentazione relativa alle direttive impartite. Diamo loro un consiglio: signor Di Natale, si procuri una copia del video girato dai finanzieri sulla Bovienzo il 6 maggio.

A Siracusa, un'indagine parallela è coordinata dal procuratore Ugo Rossi. I magistrati hanno già ascoltato il comandante della motovedetta della Guardia di Finanza che il 31 agosto scorso intercettò a largo di Capo Passero un barcone con 75 somali, che furono riportati in Libia. L'ufficiale sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati. Si sta cercando di capire perché a bordo non venne data la possibilità ai rifugiati somali di chiedere asilo politico.

Noi abbiamo avuto modo di parlare telefonicamente anche con i somali. Il giorno dopo il respingimento, il primo settembre. Dal campo di detenzione di Zuwarah, dove dicevano di trovarsi, confermavano le notizie date dalla stampa. Erano in 80, tutti somali. Quattro persone, tra cui una donna e un neonato, erano state ricoverate a Malta, e un altro in Sicilia. Mi dissero personalmente che a Zuwarah erano rinchiusi tutti in un'unica cella e che non mangiavano niente da due giorni, da quando erano stati intercettati in mare. Con loro c'erano 15 donne e 5 bambini. Nessun medico li aveva visitati. L'asilo? Certo che l'avevano chiesto, mi disse allora in un corretto inglese, l'uomo con cui parlai. Il giorno dopo il telefono suonava spento. E così fino ad oggi.

Forse sono stati trasferiti, forse sono stati rilasciati. Già perché in occasione del 40° anniversario del regime di Gheddafi, un'amnistia generale ha interessato i detenuti delle carceri e dei campi di detenzione degli immigrati. Non ci sono statistiche, ma si sa che in molti sono stati rilasciati. Inoltre pare che il governo libico stia trattando con il governo transitorio somalo per trovare una soluzione per le migliaia di somali detenuti, che permetta il loro rilascio e la loro regolarizzazione.

Intanto, mentre le Procure indagano, in Parlamento qualcuno prova a discutere dei respingimenti. Lo fa il deputato Jean Léonard Touadi (Pd), con un'interrogazione a risposta scritta depositata il 14 settembre proprio sul respingimento degli eritrei del primo luglio. E lo fa Matteo Mecacci (Radicali) con un'interrogazione a risposta orale in Commissione esteri in merito all'inchiesta de L'Unità, secondo cui i morti del naufragio di marzo in Libia sarebbero stati oltre 600.


Aperte due inchieste sui respingimenti. Interrogazioni in parlamento

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lunedì 21 settembre 2009

Vita natural durante al servizio militare


Human Rights Watch il 16 aprile 2009 ha pubblicato un documento di 95 pagine dove vengono denunciate gravi violazioni dei diritti umani perpetrati dal governo Eritreo. In questo documento si analizzano anche le difficoltà affrontate da eritrei che abbandonano il loro paese ed emigrano in Libya, Sudan, Egitto e Italia.

Leggi il documento: Service for Life.

sabato 19 settembre 2009

Financial Times Interview with Eritrea's Isaias Afewerki


Published 09/18/2009

Financial Times: Well, you say it’s not a problem but there does seem to be some resentment over two things. One is that people receive very low salaries and, two, is that the national service can be indefinite. So, why the…?

Isaias Afewerki: It’s not indefinite. If the United States can deploy troops in Iraq and Afghanistan and those who served one year ago are again obliged to come and serve again, what do you call that?

Financial Times: No, but these people volunteer to join the army in the first place.

Isaias Afewerki: They never volunteered. No one volunteers. They were enticed. They were lured in in a very sophisticated manipulation and they suffer the consequences. I don’t want to talk about that. That’s a very long story. You tell me these are voluntary people. Do you know how people are recruited in the United States? Do you know the mechanism of manipulation that takes place there? Do you know the abuse that they have in recruiting people in the United States? Do you know that?

Financial Times: No.

READ FULL INTERVIEW: FINANCIAL TIMES