sabato 26 settembre 2009

Isayas e Berlusconi. Eritrea e Italia.




senato della repubblica
Legislatura 14 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02163

Atto n. 3-02163

Pubblicato il 21 giugno 2005
Seduta n. 822


MARTONE - Ai Ministri degli affari esteri e della difesa. -

Considerato che:

dopo una guerra trentennale (1962-1991), l’Eritrea otteneva la propria indipendenza dall’Etiopia nel 1993. Il fatto però di non aver stabilito fin dall’inizio confini chiari e definitivi ha portato ad un rapido deterioramento dei rapporti tra i due Paesi, finché nel 1998 le truppe di Asmara decidevano di varcare il confine, dando inizio a scontri armati che sarebbero presto degenerati in una sanguinosa guerra a tutto campo (1998-2000). Dopo due anni di conflitto e decine di migliaia di vittime (più di 80.000), Etiopia ed Eritrea cessavano le ostilità e si affidavano all’ONU per decidere definitivamente dei propri confini. Nonostante la proposta formalizzata già nel 2002, i due Paesi sono ancora ben lontani dall’aver trovato un accordo;

il partito di Afeworki è l’unico legale in Eritrea, non ci sono mai state elezioni dall’indipendenza in poi, molti oppositori politici sono stati arrestati e l’economia eritrea è allo stremo. Tutto passa dalle mani del presidente Afeworki e di pochi fidati uomini del partito: assetti istituzionali e militari, scelte politiche, programmi economici. L’opposizione eritrea vive in esilio, mentre sia Amnesty International che il Parlamento europeo denunciano gravi abusi;

Amnesty International nel 2004 ha lanciato un rapporto sulla situazione dei diritti umani in Eritrea, dal quale emerge un quadro di torture, detenzioni arbitrarie e sparizioni di presunti oppositori politici sempre più diffuse. Inoltre sono in aumento persecuzioni per motivi religiosi e torture o maltrattamenti a ragazzi e ragazze che hanno cercato di evitare o eludere il servizio nazionale di leva obbligatoria, esteso anche alle donne;

chi critica il governo e il suo atteggiamento in materia di diritti umani viene messo a tacere. Le autorità respingono qualunque tentativo di monitoraggio e confronto internazionale in tema di diritti umani e non tengono conto dei principi di uno Stato di diritto, degli strumenti di tutela dei diritti umani contenuti nella Costituzione e dei trattati internazionali ratificati dall'Eritrea. Agli organismi non governativi locali per i diritti umani non è consentito di operare, a quelli stranieri, compresa Amnesty, è vietato l'accesso;

migliaia di oppositori politici e di persone che hanno criticato il governo sono attualmente detenuti in località segrete e senza accesso al mondo esterno. I luoghi di detenzione sono raramente comunicati ai familiari e molti prigionieri sono di fatto "scomparsi". Altri sono in prigione da molti anni. Nessun detenuto è comparso di fronte a un tribunale per rispondere di un'accusa specifica né è stato sottoposto a processo. Il Tribunale speciale ha condannato molti imputati per il reato di appropriazione indebita a seguito di processi sommari tenuti in gran segreto senza diritto di rappresentanza legale o appello;

sempre Amnesty denuncia che tra i prigionieri vi sono ex rappresentanti di spicco del movimento di liberazione che nel 1991 contribuì all'indipendenza del paese dall'Etiopia e che in seguito si sono battuti per le riforme democratiche. Il governo ha accusato l'ex Ministro degli esteri Haile Woldetensae e altri esponenti politici arrestati nel settembre 2001 di "tradimento", sulla base della loro presunta collaborazione con l'Etiopia nel corso e dopo la drammatica guerra del 1998-2000. Nel dicembre 2003 Aster Yohannes, moglie di un ex Ministro attualmente in prigione, è tornata dagli Stati Uniti per rivedere i suoi figli: arrivata all'aeroporto è stata arrestata e da allora non se ne hanno più notizie;

dieci giornalisti indipendenti continuano ad essere detenuti dal settembre 2001, quando tutta la stampa privata è stata messa al bando. Secondo il governo, i dieci professionisti erano "mercenari e spie dell'Etiopia", accusa mai dimostrata. Da allora sono state arrestate altre persone critiche nei confronti del governo, la maggior parte funzionari pubblici, oltre ad altri quattro giornalisti;

si è intensificata anche la persecuzione religiosa ai danni delle minoranze cristiane, in particolar modo dei Testimoni di Geova e di gruppi musulmani, spesso accusati di essere collegati a gruppi armati islamisti con base in Sudan. Nel 1995 i Testimoni di Geova sono stati privati dei diritti civili e tre di essi sono stati condannati a dieci anni di detenzione, da scontare nella base militare di Sawa, in quanto obiettori di coscienza per motivi religiosi. Nel 2002 sono stati messi al bando tutti i culti al di fuori di quelli ortodossi, cattolici, luterani e islamici. Lo scorso anno centinaia di fedeli, bambini compresi, appartenenti alle comunità cristiane evangeliche e pentecostali, sono stati arrestati, picchiati e torturati perché abiurassero la propria religione;

la tortura è sistematicamente applicata negli interrogatori e a scopi disciplinari, specialmente per punire chi ha eluso la leva, i disertori, i soldati accusati di reati militari o gli appartenenti a minoranze religiose. Si ricorre a forme di tortura anche ai danni di alcuni prigionieri politici. Le pessime condizioni in cui molti di essi sono trattenuti - celle buie e sporche, stive di navi calde e sovraffollate - sono da considerare trattamenti crudeli, inumani e degradanti;

richiedenti asilo dall'Eritrea hanno spesso cercato riparo in Sudan e in altri paesi. Nel 2002 circa 220 richiedenti asilo sono stati rimpatriati da Malta e arrestati al loro arrivo. Le donne (alcune delle quali incinte), i minorenni e gli anziani sono stati rilasciati: gli altri sono stati torturati e, tranne alcuni fuggiti nuovamente, sono tuttora detenuti senza contatti col mondo esterno e in pessime condizioni. In molti altri paesi numerosi richiedenti asilo eritrei sono stati ingiustamente respinti;

la guerra ha inoltre reso inutilizzabili in Eritrea 12.000 ettari di terreno coltivabile, costringendo a fuggire gli abitanti delle regioni produttrici di grano, il Gash Barka e il Debub, oggi disseminate di mine inesplose;

Amnesty International ha rivolto una serie di richieste al governo eritreo e alla comunità internazionale sulla necessità di promuovere e tutelare i diritti umani, tra cui quelli alla libertà d'espressione, d'associazione e d'informazione. Amnesty ha chiesto inoltre la liberazione di tutti i prigionieri di coscienza e lo svolgimento di processi equi conformi agli standard internazionali per tutti gli altri prigionieri politici. E' stato inoltre invitato il governo a impegnarsi per adottare un sistema indipendente ed equo di amministrazione della giustizia, anche tra i ranghi delle forze armate, al fine di garantire il trattamento umano dei prigionieri, la chiusura di tutte le prigioni segrete e la cessazione dell'uso delle navi come prigioni;

il rapporto di Amnesty International, infine, invita la comunità internazionale a esercitare un controllo e a sostenere il rispetto dei diritti umani in Eritrea e a fornire le adeguate tutele ai rifugiati e richiedenti asilo eritrei;

secondo dati ISTAT, risultano nel quinquennio 1999-2003, da parte dell'Italia, esportazioni di armi leggere ad uso civile per 1.568.894.729 euro, di cui parte verso paesi palesemente in guerra o con conflitti interni come Colombia, Russia, Algeria, Eritrea, Etiopia, Israele;

considerato che secondo alcune fonti di stampa:

ad Asmara in Eritrea ha sede il distaccamento italiano nell'ambito della missione UNMEE (United Nations Mission in Ethiopia-Eritrea). E' una missione ONU istituita per verificare l'osservanza degli accordi sottoscritti tra Etiopia ed Eritrea. Il contributo italiano consiste di circa 50 carabinieri;

gli osservatori della missione UNMEE (come riportato dal settimanale "Diario" del 13 maggio 2005) da tempo denunciano continui ostacoli ai pattugliamenti nella zona di sicurezza temporanea (TSZ) e al loro lavoro, che consiste nel monitorare il cessate il fuoco;

i carabinieri italiani, sempre secondo il "Diario", non possono più svolgere i loro compiti di pattugliamento previsti dal mandato di peace-keeping; difatti sembrerebbe che il governo eritreo non tolleri più la presenza dei nostri militari in quanto essi svolgono funzioni di polizia;

sembrerebbe che da parte delle autorità eritree sia stata fatta richiesta al comandante delle forze di pace, il generale indiano Rajender Singh, dell'allontanamento e del conseguente rimpatrio delle forze italiane nel territorio;

secondo la redattrice dell'articolo sopracitato, il generale avrebbe deciso per una soluzione diplomatica: tenere i carabinieri, ma non per i pattugliamenti;

riporta l'articolo, citando una fonte a conoscenza dei fatti, che "i carabinieri sono reclusi all'Intercontinental Hotel. Si trascinano annoiati dalla piscina alla palestra";

considerato inoltre che:

come si legge in un dossier del Ministero degli affari esteri italiano del 2004, "il Governo eritreo ha manifestato recentemente forte interesse per gli investimenti italiani, alla luce dei consolidati legami esistenti tra i due paesi. Esponenti del governo locale hanno visitato il nostro paese contattando personalmente istituzioni economiche private e pubbliche al fine di promuovere investimenti in Eritrea";

sempre il dossier del Ministero riporta: "Le società italiane che hanno intrapreso i maggiori investimenti nell’ultimo periodo sono le seguenti: l’Italcantieri S.p.a., impresa edilizia impegnata nell’espletare una commissione governativa di costruzione di circa mille edifici residenziali; la ZAER plc, appartenente al Gruppo Zambaiti, che ha rilevato uno storico stabilimento tessile in Asmara con l’obiettivo, una volta rinnovati i macchinari, di avviare una produzione di indumenti di cotone capace di impiegare 2.600 persone (...); la “Golden Star Brewers”, joint-venture privata italo-eritrea attiva nel settore della produzione di birra";

lo stesso Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) nel rapporto del primo semestre 2004 suggerisce, a quanto risulta all'interrogante, che è strategicamente fondato essere presenti in Eritrea e instaurare contatti e rapporti economici fin da oggi, in modo da essere preparati a intervenire con forza non appena la congiuntura si rivelerà maggiormente favorevole; sempre l’ICE conferma, per quanto consta all'interrogante, che l'Italcantieri è impegnata nella costruzione di circa mille edifici residenziali;

secondo quanto risulta all'interrogante, si legge in un comunicato della Presidenza del Consiglio che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha incontrato nel giugno del 2002, a Palazzo Chigi, il Presidente dello Stato di Eritrea, Isayas Afeworki, al quale ha ricordato i profondi legami dell'Italia con l'Eritrea;

sempre per quanto consta allo scrivente, si legge nella nota stampa della Presidenza del Consiglio che nel corso del cordiale colloquio sono state esaminate le prospettive di intensificazione dei rapporti economici e le possibilità di investimenti nei settori in cui più promettenti sono le potenzialità dell'Eritrea, rilevando, a questo riguardo, la necessità di una migliore e più diffusa informazione sulle opportunità esistenti";

si legge in un comunicato del Ministero per gli italiani nel mondo: "L'On. Mirko Tremaglia si è incontrato a Roma con Isayas Afeworki, Presidente dello Stato eritreo (...). L’incontro è avvenuto in seguito a quello avuto dallo stesso Capo di Stato dell’Eritrea con il Presidente del Consiglio (...). Durante il colloquio con Tremaglia, il Presidente eritreo ha ricordato la grande amicizia tra i due Stati e anche quella personale, mentre si sono aperte ampie prospettive per una nuova e forte collaborazione tesa ad attuare grandi progetti tra imprenditori, nel campo della cooperazione e in quello turistico". Il comunicato termina: "Il presidente Isayas Afeworki è partito subito dopo per Milano dove avrà altri incontri con il presidente Formigoni e con imprenditori lombardi";

riporta l'agenzia di stampa internazionale GRTV: "il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha incontrato il Presidente dell’Eritrea, Isaias Afeworki (...). 'Incoraggerò gli investitori lombardi - ha dichiarato Formigoni - a cogliere le numerose opportunità di investimento esistenti in Eritrea e a proseguire nella collaborazione che da tanti anni lega la nostra Regione a questo Paese. È questa la via per far crescere i rapporti tra i popoli nell’epoca odierna, caratterizzata dalla globalizzazione e dalla caduta dei confini tra gli Stati'. Il Presidente eritreo Afeworki, nel ringraziare Formigoni per la solidarietà dimostrata dalla Lombardia al suo Paese, ha sottolineato come bisogni lavorare verso una 'partnership con Paesi e Regioni che possano fare la differenza e valorizzare al meglio tutte le risorse e le possibilità di sviluppo del nostro Paese'. 'Con l’Italia - ha aggiunto - abbiamo buoni rapporti, ma è un legame speciale quello che ci unisce alla Lombardia, nella quale abbiamo trovato le basi per costruire un futuro solido ed una forte cooperazione, in particolare nel campo del turismo, dell’agricoltura e dell’industria manifatturiera'”;

al momento non esiste turismo in Eritrea, ma qualcosa potrebbe cambiare. Secondo notizie di stampa l'Italcantieri di Paolo Berlusconi starebbe costruendo 5.000 villette nella zona di Massaua. Per mettere in atto il progetto risulta siano state distrutte delle case, comprese testimonianze storiche ancora precedenti all'impero ottomano, e zone di parco;

come risulta da un articolo pubblicato su "Il Manifesto" del 27 febbraio 2004, secondo il Fronte di liberazione eritreo “l'Italcantieri è gia pronta con piani e progetti per costruire abitazioni civili e centri turistici che saranno finanziati nell'ambito degli accordi fra Unione europea e ACP. Il centro turistico più ambizioso è quello di Massaua e dell'arcipelago Dahlak. Il dittatore eritreo ha già emesso la sentenza di esproprio contro i legittimi proprietari. I clienti del centro turistico saranno i militari USA dispiegati dal Canale di Suez al Golfo di Oman”;

altre fonti eritree dicono che la costruzione di 5.000 villette rientrerebbe in un'iniziativa della Regione Lombardia;

questo intervento nell’area di Massaua è stato oggetto di un’interrogazione, il 10 marzo 2004, di tre consiglieri regionali lombardi di Rifondazione, DS e Verdi. Hanno chiesto alla giunta di Roberto Formigoni, come riportato dall'agenzia giornalistica AdnKronos il giorno 17 marzo, se è vero che “tra gli interventi promossi dalla Regione Lombardia rientrano anche quelli di Italcantieri” e se, comunque, considerata la natura dittatoriale del regime, non sia il caso di “interrompere qualsiasi rapporto”;

secondo quanto risulta all'interrogante, nella risposta si afferma che la Regione Lombardia non ha sostenuto alcuna azione di supporto a presunti interventi edilizi di Italcantieri né di altre imprese private, mentre, per quel che riguarda le relazioni con l’Eritrea (che sono intense, in particolare con la regione di Maekel, e sulle quali si è speso non poco l'ex vice presidente del Consiglio regionale Pier Gianni Prosperini di AN), la Regione ha operato in stretto accordo con il Governo italiano e in particolare con il Ministero degli affari esteri. L’architetto Alessio Calda, di Italcantieri, avrebbe ammesso che l’interesse c’è e, secondo quanto consta allo scrivente, avrebbe affermato: “Stiamo esplorando la situazione, stiamo discutendo; al momento non abbiamo nulla di concreto in mano”;

per ciò che riguarda il gruppo Zambaiti, c’è da segnalare che ha acquistato, nel 2004, l’Asmara Textile Factory, azienda pubblica, già Cotonificio Barattolo, fondato negli anni ’50 da Roberto Barattolo e nazionalizzato nel 1975. Ora il cotonificio si chiama ZaEr (Zambaiti Eritrea) ed ha più di cento dipendenti;

secondo l'Istituto nazionale per il commercio estero, in base a quanto consta all'interrogante, una volta rinnovati i macchinari, c’è l’obiettivo di avviare una produzione capace di impiegare 2.600 persone. Giancarlo Zambaiti ha condotto le trattative direttamente con Isaias Afeworki, dichiarando, secondo quanto risulta all'interrogante: “Lo considero una brava persona, un presidente che lavora per il suo paese. E, comunque, questo governo è il massimo possibile oggi”;

il Vice Ministro delle attività produttive con delega al commercio estero, Adolfo Urso, ad aprile di quest'anno, ha scelto Asmara, capitale dell'Eritrea, per una missione alla quale hanno partecipato 30 imprese italiane, per lanciare il "Piano Africa" del proprio Dicastero; come riportato in un comunicato stampa del Ministero delle attività produttive, "'E' fondamentale avviare concrete iniziative per avvicinare l'imprenditoria italiana a questo continente', ha spiegato Urso, che domani inaugurerà i lavori del primo Work shop 'Italia-Eritrea: opportunità e sviluppo'. 'Tutto ciò lo si può fare migliorando le condizioni per l'attrazione degli investimenti esteri, intensificando gli scambi commerciali, la collaborazione industriale e rafforzando la cooperazione in campo culturale e scientifico'. Per questo al seguito del rappresentante del Governo ci sono diverse realtà imprenditoriali significative tra cui AMS (Finmeccanica), Domina Vacanze, TLC Italia, e altre di settori come agroalimentare, telecomunicazioni, metalmeccanico e nautico";

a metà aprile di quest'anno è stato raggiunto un accordo tra Russia ed Eritrea per aumentare la fornitura di armi all'Eritrea, accordo sottoscritto a Mosca dal Ministro degli esteri Ali Said Abdella con il suo pari grado russo,

si chiede di sapere:

quali siano le iniziative che il Governo italiano intenda intraprendere nei confronti del Presidente eritreo al fine di giungere all'immediata liberazione dei detenuti politici e dei detenuti senza capo d'accusa, come chiesto con una risoluzione dal Parlamento europeo nel novembre 2004, e alla cessazione delle pratiche della tortura e dell'esecuzione sommaria;

se risulti vero quanto riportato dal settimanale "Diario" in relazione alla situazione dei militari italiani in Eritrea ed al loro isolamento all'interno dell'Hotel Intercontinental;

se il Governo non ritenga opportuno sostenere l'ampliamento dei poteri di intervento del "Comitato contro la tortura" previsto dall'art. 17 dell'apposita Convenzione dell'ONU (fatta a New York il 10 dicembre 1984), per la sorveglianza sul rispetto dei principi della Convenzione stessa, affinché sia estesa la protezione agli abitanti dei Paesi che non hanno ratificato la Convenzione ONU;

se risulti vero che aziende italiane siano impegnate in attività commerciali con l'Eritrea e, in caso affermativo, quali aziende e per quali attività commerciali;

quali iniziative il Governo intenda adottare, coinvolgendo le istituzioni internazionali e le Nazioni Unite, affinché venga effettuato un embargo totale sulla vendita di armi ai due Paesi (Eritrea ed Etiopia);

se non si ritenga urgente sollecitare i governi di Eritrea ed Etiopia a mettere in atto tutte le misure politiche e diplomatiche necessarie affinché venga finalmente risolta la disputa sui confini di Stato tra i due Paesi;

se non si ritenga che, anche volendo dare il massimo credito all’entusiasmo dell’imprenditore Paolo Berlusconi, all'ottimismo del gruppo Zambaiti, all’attivismo della Regione Lombardia, alle prospettive dell'ICE e della Farnesina, nonché alle iniziative del vice ministro Urso, e considerato che il partito al potere in Eritrea è fortemente accentrato ed è il controllore di se stesso, si presenti il rischio di scarsa trasparenza e che quote di risorse siano stornate per altri fini.


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1 commento:

  1. News: Prosperini arrestato 3 giorni fa, anche per affari "eritreici"...

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