domenica 4 ottobre 2009

Fatti non foste a viver come bruti


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« "O frati," dissi, "che per cento milia

perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d'i nostri sensi ch'è del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza". »

(vv. 112-120)

"Fratelli miei, che attraverso centomila pericoli siete arrivati a questo crepuscolo della vita (la vecchiaia, chiamata come "rimanente veglia dei sensi") presso l'Occidente; non negate ai nostri sensi quello che rimane da vedere, dietro al sole, nel mondo disabitato; considerate la vostra origine: non siete nati per vivere come bruti, ma per praticare la virtù e apprendere la scienza."

Perchè queste celebri terzine piene di retorica?
Dopo secoli, per non dire milleni le vicende si ripetono. Come gli immigrati, Ulisse attraversò il mare mediterraneo, affrontando le paure provocate dalla fantasia e i pericoli reali del mare che inguittiva le imbarcazioni. Ulisse si rivolgese ai suoi compagni di viaggio arrivati in Occidente per svegliare le loro coscenze.
In questi giorni vediamo imbarcazione piene di eritrei, somali, etiopici e altri immigrati sballotati dal mediterraneo. Gente che perde la vita o arriva a stento alle coste dell'occidente.
Omero, ci narra che Ulisse sbarcato nella terra dei Ciclopi viene con i suoi compagni catturato dal gigante Polifemo, che divora tre di loro.

« Qui un uomo aveva tana, un mostro,

Che greggi pasceva, solo, in disparte,
E con gli altri non si mischiava,
Ma solo viveva, aveva animo ingiusto.
Era un mostro gigante; e non somigliava
A un uomo mangiator di pane, ma a picco selvoso
D'eccelsi monti, che appare isolato dagli altri. »

Questa è la descrizione che viene fatta di Polifemo nel libro IX dell'Odissea.
Gli immigrati sembra che seguano il sentiero tracciato da Ulisse. I disperati arrivati dal mare finisco nelle mani dei grandi paesi occidentali (terra dei Ciclopi). I clandestini arrivati in paesi amministrati da governi miopi (Polifemo) al fenomeno dell'immigrazione, finiscono a riempire i campi di identificazione imprigionati come Ulisse e i suoi compagni.
La descrizione di Polifemo sembra un riflesso di partiti politici al governo che oddiano i diversi e i deboli, che preferiscono rimanere isolati e dimenticarsi delle disgrazie degli altri. Anzi alimentano odio con il loro animo malvagio.

Torniamo invece all'orazione famosissima che fece Ulisse ai sui compagni che finisce sentenziando:
« fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza. »

Alcuni esperti di retorica possono cimentarsi dicendo che il Canto XXVI di Dante, tratta degli orditori di frode ossia condottieri e politici che non agirono con le armi e con il coraggio personale ma con l'acutezza spregiudicata dell'ingegno. Gli esperti potranno dire che chi come Ulisse ha tentato di superare i confini delle Colonne d'Ercole infrangendo il divieto divino fu sconfitto da Dio e spedito all'inferno.
Gli esperti intellettuali però non possono negare che il confine divino sulle Colonne d'Ercole non è mai esistino, si trattava solo di una limitazione imposta dagli uomini stessi, scaturita dal terrore dell'ignoto. E' vero, c'è il rischio di finire nei guai se si approfondisce certi segreti di paesi del Corno d'Africa. Ma i limiti imposti non sono divini ma sono solo il prodotto di una politica volta a reprimere ogni dissenso e critica negativa nei confronti dei governi stessi.


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